Una proposta per la quantificazione dei prestiti agevolati COVID-19

    Carlo Bianco
    COVID-19

    di Carlo Bianco, Dottore commercialista in Milano (pubblicato su Ilcaso.it 4.4.2020; riprodotto per gentile concessione dell’autore)

    SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Un’ipotesi legislativa – 3. I bilanci COVID-19 – 4. La misura per l’accesso ai finanziamenti agevolati.

    1. Premessa.

    La crisi delle imprese generata dal lockdown Covid-19 avrà carattere generale. In quanto tale, gli strumenti di soluzione della crisi previsti nell’attuale legge fallimentare o nel nuovo codice della crisi (la cui entrata in vigore sarebbe già rinviata al febbraio 2021) non saranno idonei a regolare l’enorme quantità di imprese che si troveranno in condizioni di illiquidità e che, stante le norme vigenti, dovrebbero ricorrere al fallimento o comunque alla gestione giudiziaria della crisi.

    In tale contesto gli Uffici Giudiziari non sarebbero nelle condizioni di sopportare il gran numero di istanze di fallimento o di concordati preventivi. Ma, a ben vedere non avrebbe nemmeno senso. In una situazione di crisi generale il controllo giudiziario della gestione della crisi perderebbe di significato, essendo gli organi giudiziari preposti a gestire situazioni patologiche particolari in condizioni di normalità del sistema economico.

    Nel conteso di lockdown COVID-19 si rende necessaria una legislazione ad hoc che consenta la sopravvivenza della continuità aziendale per imprese con norme che regolino la gestione della crisi per un periodo limitato di tempo e al di fuori delle aule giudiziarie.

    2. Un’ipotesi legislativa

    Il presupposto fondamentale è che la situazione di illiquidità o scarsa liquidità, generata nel periodo di fermo, non potrà essere considerata come causa di insolvenza e quindi presupposto di apertura di procedure concorsuali.

    In tale stato di cose occorre legittimamente consentire la destinazione della liquidità al finanziamento della continuità aziendale, preferendo la stessa all’adempimento degli obblighi verso i creditori aventi titolo e causa precedente al periodo Covid-19. Questo per evidenti ragioni legate alla tenuta del sistema produttivo. Oggi questa possibilità è data dalle norme che regolamentano il concordato preventivo in continuità, il cui accesso è condizionato al controllo giudiziario con i percorsi propri delle procedure concorsuali ma, come detto, non sarebbe praticabile su un largo numero di imprese che ne richiederebbero l’accesso.

    Una legislazione speciale a riguardo dovrebbe partire dall’individuazione di un periodo che avrebbe decorrenza dal 1° marzo 2020 al 31 dicembre 2020 (prorogabile in relazione all’andamento dell’epidemia) denominato “periodo Covid-19”.

    In tale periodo dovrebbe rimanere applicabile l’attuale legge fallimentare solo per l’accertamento dell’insolvenza avente causa anteriore al periodo Covid-19, mentre rimarrebbe sospesa per le insolvenze generate nel periodo Covid-2019, salvo richiesta dello stesso debitore o in casi particolare gravità su richiesta dei creditori rivolta al P.M..

    Per i concordati preventivi pendenti o in corso di esecuzione e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti già omologati, si dovrebbe consentire la presentazione di nuovi piani, qualora fosse venuto meno il

    requisito di fattibilità del piano originario. La situazione particolare richiederebbe un nuovo giudizio di omologazione senza la preventiva approvazione dei creditori, ma con il parere del commissario giudiziale nei concordati preventivi o un’attestazione dell’esperto in caso di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 181 bis l.f..

    Per le imprese in crisi nel periodo Covid-19 si dovrebbe consentire l’apertura dello stato di crisi da parte dello stesso debitore per via amministrativa, attraverso un’autodichiarazione da pubblicarsi al Registro Imprese, senza alcun ricorso al Tribunale.

    Le imprese che proclamerebbero lo stato di crisi ex COVID-19 per via amministrativa (pubblicità al RR II) dovrebbero dichiarare che intendono proseguire l’attività d’impresa, con salvaguardia dei livelli occupazionali, anche con il sostegno della cassa integrazione. Entro trenta giorni il collegio sindacale, il sindaco unico o, in assenza, un professionista esperto dovrebbe attestare, con pubblicazione al RR II, l’effettiva continuità aziendale.

    L’autodichiarazione dovrebbe consentire alle imprese di:

    • Preferire la destinazione della liquidità corrente al pagamento delle forniture di merci e prestazioni lavorative necessarie alla prosecuzione delle attività.

    • Destinare secondariamente le disponibilità eccedenti al pagamento dei debiti ante periodo Covid-19 dei fornitori strategici e funzionali alla prosecuzione dell’attività di impresa e ulteriormente ad altri creditori nel rispetto delle cause legittime di prelazione.

    • Sospendere nel periodo Covid-19 il rimborso di prestiti obbligazionari, delle rate di mutuo e i rientri dalle revoche di fido o di richieste di rientro nel limiti dei fidi bancari precedentemente concessi.

    • Sospensione delle azioni esecutive e divieto di avvio di nuove azioni.

    • Sospensione dei debiti tributari iscritti a ruolo e oggetto di rateazione e o di rottamazione.

    Semestralmente gli amministratori dovrebbero redigere una relazione in cui riportano la situazione finanziaria aggiornata e l’impiego della liquidità, secondo quanto consentito nel periodo COVID-19, da pubblicarsi al RR II, con il parere del collegio sindacale, sindaco unico o professionista esperto attestatore.

    In difetto di tale pubblicità ricorrerebbero gli estremi per il ricorso al fallimento secondo l’attuale norma vigente.

    3. I bilanci COVID-19.

    Per la redazione dei bilanci, occorrerebbe derogare alla verifica del presupposto di continuità aziendale, per i bilanci non ancora approvati prima del periodo COVID-19 (applicabile anche al bilancio 31 dicembre 2019 non ancora approvato) e sospendere l’obbligo di ripianamento delle perdite e di ricostituzione del capitale al minimo legale.

    Per i bilanci in corso o successivi al periodo COVID-19 occorrerebbe:

    • Rivalutare a valori correnti le attività patrimoniali con esenzione fiscale delle plusvalenze e con il riporto al patrimonio netto di un’apposita riserva COVID-19.

    • Iscrizione nell’attivo patrimoniale del valore capitale già riscattato dei beni in leasing al netto degli ammortamenti, in esenzione fiscale delle plusvalenze e riporto a patrimonio netto della riserva COVID-19.

    • Riclassificazione nell’attivo patrimoniale dei crediti ante COVID-19 non incassati e nel passivo dei debiti ante COVID-19 non pagati (crediti e debiti “ibernati”).

    Queste previsioni darebbero informazioni più trasparenti in ordine al reale patrimonio delle imprese e alla gestione della crisi evidenziando le attività a valori correnti dando evidenza delle partire pregresse attive e passive.

    4. La misura per l’accesso ai finanziamenti agevolati.

    Tale rappresentazione contabile consentirebbe inoltre di individuare la misura dei finanziamenti da erogare a sostegno dell’impresa. Infatti, l’evidenza dei crediti non incassati e dei debiti non pagati darebbe la misura dello squilibrio finanziario dovuto al lockdown, che sarebbe pari alla differenza tra i crediti e i debiti ante COVID-19.

    Analogamente le stesse informazioni sarebbero utili per la quantificazione dei rimborsi che sarebbero commisurati alla riduzione della stessa differenza rilevabile dalle situazioni semestrali successive.

    Tale sistema consentirebbe di finanziare le imprese in continuità aziendale nella misura pari al “danno” del mancato incasso e al “beneficio” della moratoria legale sui debiti.

    Tale misura andrà a ridursi nel tempo necessario al ripristino dell’equilibrio economico e finanziario.

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