Cambiamenti climatici: cosa serve davvero?
Sono in ufficio e sento la musica altissima che proviene da un liceo classico di Milano. Oggi è una giornata importante: gli studenti non entrano in aula per alzare la voce contro i cambiamenti climatici. In pausa pranzo decido di fare una passeggiata e andare a vedere com’è la situazione nel giardino della scuola: chi balla, chi gioca a calcio e chi prende il sole. A questo punto alcune riflessioni si fanno spazio nella mia mente.
L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha più volte confermato nelle sue relazioni che i cambiamenti climatici che stanno coinvolgendo il nostro pianeta sono evidenti, ma, soprattutto, sempre più rapidi.
Ormai il problema è davanti agli occhi di tutti ma, come spesso capita, le cose più evidenti sono le più difficili da vedere e comprendere fino in fondo. Pur non volendo mettere in dubbio l’importanza delle manifestazioni e di ciò che ne consegue, viene spontaneo chiedersi se tutti gli studenti abbiano realmente compreso l’importanza del motivo per cui oggi scendono in piazza.
In una società che mai come ora sembra essere comandata dal consumismo e da una costante voglia di ostentare, è legittimo domandarsi quali modifiche reali ognuno di noi apporterà alla propria quotidianità dopo oggi. Quanti di noi dopo questo sciopero preferiranno un autobus, o ancora meglio una bici, alla comodissima automobile? Quanti di noi sceglieranno un prodotto a km zero, magari un po’ più costoso, ma sicuramente meno inquinante? E soprattutto, quanto tempo ci vorrà prima di accorgersi che ai colossi produttivi poco interessano i nostri scioperi? Ciò che interessa ben di più è invece il fatturato.
Ed è proprio qui, a mio parere, la vera rivoluzione: un cambiamento radicale nel nostro modo di pensare e di agire. Questo sciopero sortirà l’effetto sperato solo se, domani, ognuno di noi, prima di fare un acquisto o di uscire di casa, si chiederà: sto davvero agendo nel rispetto del mio pianeta?